La castagna tra i frutti di stagione è quello che preferisco, avvolto dal
riccio spinoso non si concede con facilità, solo nell'autunno inoltrato
si apre e offre, dopo cottura, un cuore ricco di sapore, delizia di un palato esperto.
Capita che in questo strano autunno, avaro d'acqua, si possa cogliere
nell'ispido "riccio" del Massiccio Centrale francese un frutto molto affine alla
castagna: il Tarn. Questo fiume, dal sapore forte, ha imparato dai castagni
che popolano numerosissimi la sua valle molti segreti su come far felice
un canoista.
I kayak verdi, rossi, gialli, viola, rosa, blu rimbalzano tra i massi come
palline in un flipper, cercando invano di non finire la in fondo, dove il
solito buco ti aspetta pronto a succhiarti, se dormi. Granito rosa e grigio
sono la schiena contorta del fiume che dipinto di verde bottiglia si diverte
a saltare sui tanti gradini che la natura prodiga ha cacciato negli otto
chilometri del suo primo tratto. Se scendendo, accecato dal sole ormai basso,
ti volti a guardare, ecco, il paradiso del canoista diventa materia. La
volta è azzurra di raso, il giallo ed il bianco del calcare mediterraneo
fanno da quinta, più in basso verde mischiato a casaccio col rosso, all'arancio,
al giallo infuocato dei boschi è la scena dove l'attore protagonista, Tarn,
trasporta frullandole milioni di foglie rosse rubino di faggio e
decine di piccole canoe. Questo per me è il paradiso, non certo un luogo
nuvoloso e un po' scialbo dove si beve caffè.
O.K. vada per le castagne, ma i marroni? Direte Voi. Vi assicuro che ci vogliono
anche quelli per saltar giù dove lo sguardo spesso e per fortuna non arriva,
almeno in senso lato visto che alcune fanciulle ne avevano da vendere.
Un grazie agli amici (Vitalesta & Co.) che hanno condiviso la discesa.