Posata la pagaia ci guardiamo sorridenti alla fine di un'altra
splendida discesa. Gli occhi dei compagni emanano gratitudine,
e condivisione piena, alcuni di questi è la prima volta che vedo,
spesso io non ricordo neppure il nome, forse non capiterà più
di incontrarci, ma tutti comprendiamo di condividere un pezzo
di felicità.
Non è cosa frequente legare cultori di una disciplina sportiva
anche se l'obiettivo è comune, anzi direi molto difficile.
L'esperienza di una discesa in fiume ha questo privilegio raro.
La maggior parte dei canoisti che conosco ama scendere in gruppo,
tre, quattro, cinque, sei, forse è il numero ideale.
Troppi occorre più tempo, pochi diminuisce la sicurezza.
Ognuno ha un suo ruolo il "buono" ti insegna, "l'esperto" sa
leggere il fiume, "l'impavido" apre la strada, ma utile è "quello
che trasborda con te", "quello che estrae il cioccolato quando
sei in crisi", "quello che dalla canoa come Eta Beta estrae
ogni cosa (coltello, pagaia di scorta, corda lunga, carrucola,
cerotti, ecc.)".
Dopo ogni fiume, o discesa capitalizziamo una stilla di vita che
da senso al nostro essere, alle battaglie quotidiane, allo spirito
di tolleranza, ecc..
Permettiamo a chi era con noi di fare la stessa cosa. Quante volte
questo è accaduto? A quante persone abbiamo dato la possibilità?
Chi può sapere se un po' di bene nel mondo derivi da ciò?
Tutto senza rumore, senza articoli di giornale e spesso senza che
neanche noi ce ne rendiamo conto.
Atroce è il nostro urlo per Andrea, un urlo che giustamente ci
mette in crisi, ci sentiamo colpevoli, inadeguati, impreparati.
Tutto giusto. Molto più facile accettare che a 26 anni si perda
la vita per un incidente stradale.
Cerchiamo conforto in tutto quello che di buono facciamo e
continueremo a fare, nel silenzio, nella discrezione e nella
consapevolezza che chi va in canoa per fiumi ama la vita e consente
alla vita di esprimersi ad alto livello.