Ancora un giorno e sarà marzo, dalla finestra si vedono infiniti
fiocchi di neve, senza storia vivono momenti di gloria nell'affollato
cielo qualche istante prima di posarsi su altri già fermi in attesa di
fondersi, destino pressochè inevitabile delle loro brevi esistenze.
Il ricordo corre al lunedì di Pasqua del 1999 quando imbarcati
perchè lusingati dal sole primaverile ci trovavamo immersi in una
splendida nevicata, così fitta da riuscire ad imbiancare anche
la coperta delle nostre canoe. In questa atmosfera magica, mentre
scendevamo in punta di pagaia, attenti a non schizzare il cristallo
blu dell'acqua che nei riccioli di schiuma bianca tradiva la parentela
con la neve. Questa non smetteva di sorprenderci e di svolazzare tra
casco e giubbotto salvagente.
Mitica discesa, per il vero assai fredda, ma conclusasi nel caldo
familiare dell'osteria sorseggiando gutturnio e ridendo sinceramente
di gioia alla faccia del brasato con polenta e degli amici pigri
nelle loro case sicuramente incazzati per il brutto tempo.
La neve si posa e sarà acqua nel divenire, una forma di
capitalizzazione per i fiumi che possono goderne gli interessi
a distanza di tempo quando il caldo deciderà di renderla
disponibile, appunto di dare liquidità.
Per le falde lo sciogliersi lento della neve porta al recupero
massimo da restituire nelle sorgenti più a valle e utile
a mantenere il livello dei fiumi a lungo.
Per il canoista è quindi una manna dai diversi sapori,
forti e a volte dolorosi nelle dita, poetici per chi sa guardare
oltre il sensibile, utili per i giorni e i mesi che verranno.
Sabato o domenica neve o sole ci si bagna!